Attacchi di panico e iperventilazione
Si possono esaminare gli attacchi di panico da un punto di vista psicofisiologico e anche da un punto di vista cognitivo .
Il primo prende spunto dalle somiglianze tra panico e iperventilazione , che consiste nell’ aumento della frequenza degli atti respiratori . L’iperventilazione ha l’effetto di rendere più difficile l’apporto di ossigeno ai vari organi. Di conseguenza, può portare a sensazioni di stordimento, vertigini, debolezza e senso di svenimento.
I sintomi dell’iperventilazione possono essere interrotti riciclando l’aria
espirando e respirando con un sacchetto davanti alla bocca.
Per affrontare l’iperventilazione viene suggerito di apprendere a ristabilire,
in caso di crisi, dei pattern respiratori normali mediante la pratica di
esercizi di rieducazione respiratoria (respirazione di tipo addominale, lenta
e cadenzata).
L’analogia tra attacchi di panico e iperventilazione suggerisce che la persona con panico possa avere delle modalità respiratorie disfunzionali che portano all’iperventilazione. Una volta che la persona ha avuto alcune esperienze drammatiche di iperventilazione (anche per motivi casuali) può sensibilizzarsi. Si crea così una spirale di paura e di ansia anticipatoria che può rendere più intensi gli attacchi e rendere angoscianti anche delle situazioni apparentemente innocue. Di conseguenza, la persona comincia ad evitare quelle situazioni che teme possano scatenare la sintomatologia, trovandosi sempre di più in un circolo vizioso “paura della paura” .
Un altro punto di vista è quello cognitivo . I pazienti con disturbi da panico tendono a dare interpretazioni catastrofiche ai propri sintomi fisici: interpretazioni che sopravvivono a nonostante le rassicurazioni e nonostante le esperienze che la persona stessa vive e che mostra il carattere innocuo degli attacchi.
Riferimenti bibliografici: Sanavio (2008). Psicoterapia cognitivo- comportamentale. Carocci Editore.