Mamme: lavorare o non lavorare… questo è il problema!
Una delle grandi difficoltà che molte neomamme si trovano ad affrontare è se riprendere/iniziare a lavorare oppure restare a casa con i propri figli. Si tratta di un argomento molto delicato e complesso con notevoli implicazioni sul piano emotivo, oltre che economico e sociale.
Le ragioni per cui le donne spesso decidono di tornare a lavorare dopo aver avuto dei figli sono principalmente due:
- La prima è di natura prettamente economica , soprattutto per le famiglie monoparentali. Tuttavia, anche tra le famiglie con entrambi i genitori, sono poche quelle che possono permettersi di vivere con un solo stipendio.
- La seconda ragione è che il lavoro costituisce una parte fondamentale dell’ identità di una persona. Molte donne pensano di aver dedicato tanti anni alla propria formazione e non vogliono rinunciare alla propria professione. Poi ci sono donne a cui il proprio mestiere piace e, per quanto siano felici di aver avuto un figlio e di essere mamme, non riescono a immaginarsi senza un lavoro.
Quando le neomamme valutano se rientrare o meno al lavoro, si trovano spesso a affrontare due interrogativi fondamentali:
- “sarà più stressante fare la mamma che lavora o la mamma che sta a casa?”
- “i figli crescono meglio se educati unicamente dai genitori o con il coinvolgimento di altre persone (tata, asilo nido, …?”
È difficile rispondere in maniera esauriente a tali quesiti. Lavorare comporta indubbiamente conseguenze sia positive sia negative. Il lavoro sembra avere un impatto generalmente positivo sul benessere. Per esempio, secondo alcuni studi (Ross e Mirowsky, 1992) le madri che lavorano tendono ad avere una maggiore autostima, un minore livello di ansia e depressione, nonché uno status socio-economico più elevato.
Tuttavia, si è osservato che queste mamme sperimentano livelli di stress
più elevati. Tra i fattori che possono contribuire al maggiore stress ci sono
le richieste spesso vissute come eccessive al lavoro e a casa, o
l’insoddisfazione per la soluzione scelta per la cura dei figli (Tingey et
al., 1996). Naturalmente, la presenza di questi elementi può ridurre
notevolmente gli effetti positivi associati al lavoro.
È importante sottolineare che questi dati vanno presi con le dovute cautele,
poiché ogni donna reagisce in modo diverso alla maternità e al ritorno al
lavoro, in base al proprio temperamento, alle proprie esperienze di vita, alla
situazione familiare e al supporto che riceve dall’ambiente intorno.
Il più vasto studio che ha analizzato gli effetti delle modalità di cura dei bambini nei primi anni di vita sul successivo sviluppo, condotto dal National Institute of Child Health and Human Development (NICHD), ha cercato di rispondere alla seconda domanda. In particolare, si è visto che la quantità di tempo che un bambino trascorre settimanalmente affidato alla cura di persone diverse dai genitori, è associata a maggiori problematiche comportamentali , che rientrano comunque nella media dell’età dei bambini esaminati. Tuttavia, in questi bambini è stato osservato un maggiore sviluppo delle abilità linguistiche e di interazione sociale. Anche in questo caso, si tratta di uno studio e i risultati non descrivono tutte le situazioni possibili, poiché ogni bambino è unico e ha caratteristiche specifiche.
Inoltre, sempre secondo lo studio del NICHD, la qualità delle cure genitoriali è il fattore che, più di ogni altro aspetto dell’esperienza di cura dei figli, ha i maggiori effetti sul loro sviluppo. Quindi, anche se i genitori lavorano e passano meno tempo con i figli, quello che fanno con loro è il fattore predittivo più importante rispetto a come i bambini diventeranno .
Riferimenti bibliografici: Ledley D. R. (2012). Il mio primo anno da mamma. Edizioni Erickson.